Il regolamento informatico aziendale ai tempi dello smart working

Articolo pubblicato su Linkedin in data 26 febbraio 2020

Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare di smart working o “lavora agile” come definito dal decreto legge emesso dal governo e che autorizza le imprese del nord Italia ad applicare questa modalità di lavoro in maniera semplificata senza tutti gli adempimenti necessari secondo la previgente normativa (DPCM 23 febbraio 2020, Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20A01228) (GU Serie Generale n.45 del 23-02-2020).

Premesso ciò in questo articolo vorrei descrivere brevemente, non gli adempimenti burocratici o i presupposti normativi per attuarlo, ma di uno strumento operativo necessario ad implementare questa modalità di lavoro, ossia il regolamento informatico aziendale, chiamato anche protocollo, manuale delle procedure informatiche, etc.

Per capire meglio questo documento cominciamo a descriverne il suo scopo, raccogliere le istruzioni operative per i dipendenti sulle modalità d’uso degli strumenti informatici aziendali, dentro e fuori l’azienda.

Il contenuto di questo documento deve comprendere una descrizione degli strumenti in uso, le modalità d’utilizzo, cosa non fare e le soluzioni in caso di problemi, soluzioni si specifica anche di tipo organizzativo non solo tecniche.

Riguardo a questo ultimo punto bisogna specificare che queste procedure non devono tentare di trasformare un impiegato in un tecnico informatico, un esperto di cyber-sicurezza o di privacy.

La difficoltà nel redigere questo tipo di documento risiede pertanto nel redigerle utlizzando un approccio human-centered (come si dice oggi nel mondo del legal design).

Ma qual è il vantaggio per l’impresa? Per l’impresa adottare questo tipo di documento ha molteplici vantaggi.

Prima di tutto è inserito nel sistema di gestione della infrastruttura informatica, difatti come ben sa ogni esperto di sicurezza informatica l’anello debole del sistema informatico è sempre l’uomo. Partendo da questa considerazione già risulta evidente come fornire delle procedure pronte all’uso aiuto la conoscenza e mitiga il rischio informatico all’interno dell’impresa. Altresì questa documentazione da una parte responsabilizza l’impiegato il quale non può più nascondersi dietro la motivazione che non è stato informato sul corretto uso del device, dall’altra mette al riparo, o almeno mitiga, la responsabilità dell’impresa di fronte a violazioni di alcune normative, si pensi ad esempio alla L. 231/01 o alla disciplina privacy ai sensi del GDPR.

Detto tutto quanto sopra vediamo quindi più in dettaglio quale debba essere il contenuto del regolamento.

Sicuramente un regolamento vede al principio un elenco delle definizioni utili a capire il testo e lo scopo dello stesso, successivamente bisogna descrivere i device in uso in azienda e le loro modalità d’utilizzo specificando bene quello che si può fare e non fare, molto importante ritengo è descrivere bene le modalità d’uso delle mail aziendali e chat, anche in modalità BYOD (Bring Your Own Device), i dispositivi di archiviazione di massa, l’uso di strumenti crittografati o l’eliminazione di alcuni (pen-drive usb non criptate proibirle).

Come detto le indicazioni devono essere anche organizzative, nel senso che bisogna indicare i soggetti da contattare in base alla problematica da risolvere, ad esempio per questione tecnica l’IT, mentre per questioni riguardanti la privacy probabilmente sarà più opportuno riferire al DPO, per altre ancora potrebbe essere più opportuno contattare prima il capoufficio.

Inoltre il regolamento ormai può allargarsi ad aspetti correlati come l’uso dei social nonché se e come parlare dell’azienda sui social, oltre ovviamente spiegare e giustificare se avviene un qualche tipo di tracciamento dell’attività del lavoratore e con finalità (in tale ambito sempre attenzione a rispettare statuto dei lavoratori ed il Jobs Act).

Infine occorrerà specificare le eventuali sanzioni disciplinari, nonché penali, cui potrà incorrere il dipendente che non rispetterà le istruzioni contenute nel regolamento. Dopo tutto ciò è possibile allegare in fondo, se opportuno, le norme di legge e/o tecniche ritenute più idonee rispetto all’utente e all’impresa cui è destinato il regolamento che si ricorda deve essere sempre oggetto di revisione nonché di formazione per dipendenti e management.

Se hai domande o curiosità sull’articolo che hai appena letto scrivimi pure alla mia e-mail: s.familiari@lsclex.com

Privacy lavoratori GDPR

privacy lavoratori GDPRGDPR LAVORATORI – TRATTAMENTO DATI PERSONALI DIPENDENTI

Il trattamento dati dipendenti alla luce del nuovo GDPR è sicuramente una delle questioni sulla quale di più si sono interrogati gli imprenditori italiani, pertanto si ritiene opportuno spiegare cosa cambia il GDPR rispetto al vecchio codice privacy e cosa bisogna fare in concreto per l‘adeguamento GDPR lavoratori.

Prima di tutto bisogna dire che il GDPR  non contiene un disciplina specifica dedicata ai dati dei lavoratori, difatti l’art. 88 del GDPR lascia ai legislatori nazionali ampio margine di manovra, pur rispettando i principi base del GDPR per normare il trattamento dei dati personali nell’ambito del rapporto di lavoro.

Ma vediamo cosa dice l’art. 88 del GDPR:

Trattamento dei dati nell’ambito dei rapporti di lavoro 1.Gli Stati membri possono prevedere, con legge o tramite contratti collettivi, norme più specifiche per assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dei rapporti di lavoro, in particolare per finalità di assunzione, esecuzione del contratto di lavoro, compreso l’adempimento degli obblighi stabiliti dalla legge o da contratti collettivi, di gestione, pianificazione e organizzazione del lavoro, parità e diversità sul posto di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro, protezione della proprietà del datore di lavoro o del cliente e ai fini dell’esercizio e del godimento, individuale o collettivo, dei diritti e dei vantaggi connessi al lavoro, nonché per finalità di cessazione del rapporto di lavoro.

2.Tali norme includono misure appropriate e specifiche a salvaguardia della dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati, in particolare per quanto riguarda la trasparenza del trattamento, il trasferimento di dati personali nell’ambito di un gruppo imprenditoriale o di un gruppo di imprese che svolge un’attività economica comune e i sistemi di monitoraggio sul posto di lavoro.

3.Ogni Stato membro notifica alla Commissione le disposizioni di legge adottate ai sensi del paragrafo 1 entro 25 maggio 2018 e comunica senza ritardo ogni successiva modifica.

Come abbiamo visto sopra, quindi, secondo il GDPR gli stati possono decidere se con legge o attraverso contratti collettivi regolamentare il trattamento dati dipendenti, la scelta del legislatore italiano a tal riguardo con il D. lgs. 101/2018 è nel solco del vecchio codice privacy, con pochi cambiamenti.

Nel dettaglio i cambiamenti portati dal legislatore italiano riguardano la fase di selezione, cioè la gestione dei curricula ricevuti ed il relativo regime dei consensi. A tal proposito, cv consenso si o cv  consenso no?

A tal riguardo la novella codice privacy stabilisce all’art. Art. 111-bis (Informazioni in caso di ricezione di curriculum):

  1. Le informazioni di cui all’articolo 13 del Regolamento, nei casi di ricezione dei curricula spontaneamente trasmessi dagli interessati al fine della instaurazione di un rapporto di lavoro, vengono fornite al momento del primo contatto utile, successivo all’invio del curriculum medesimo. Nei limiti delle finalità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento, il consenso al trattamento dei dati personali presenti nei curricula non è dovuto.

A tal proposito quindi alla domanda consenso trattamento dati personali cv si o consenso trattamento dati personali cv no la risposta sembrerebbe negativa, tuttavia occorre sottolineare come però a parere di chi scrive questo possa essere pacifico per i cv che non contengano le categorie di dati particolari di cui all’art. 9 del GDPR, cioè i vecchi dati sensibili (ad esempio in presenza di disabilità o ammissione l beneficio L. 104/92), in  tal ultimo caso potrebbe essere necessario lasciare la famosa dicitura che potrebbe essere il seguente fac simile consenso “autorizzo al trattamento dei miei dati personali particolari ai sensi del combinato disposto del regolamento in materia di protezione dei dati personali (cd. GDPR) e del codice privacy come agg. dal D.lgs.101/2018”.

Altro aspetto cui dar conto è che rimangono in piedi tutte le considerazioni in materia di controllo dei lavoratori attraverso la concertazione sindacale o l’eventuale confronto con la direzione provinciale del lavoro, a parte ciò rileva evidenziare a tutti gli effetti l’affiancamento della normativa privacy di fianco a quella classica lavoristica, difatti una scorretta applicazione della normativa privacy può portare ad un uso illegittimo di tali dati ed il rischio di commettere il reato di trattamento illecito di dati personali di cui all’art. 167 del novellato codice privacy.

Fatta questa breve premesse squisitamente normativa vediamo in concreto cosa deve fare un imprenditore che si trovi a verificare la propria conformità alla nuova disciplina privacy.

creazione di un sistema di data governance, ovvero:

Nomina DPO. Discorso abbastanza complesso al quale ha dedicato una serie di di FAQ il garante italiano sia per i soggetti pubblici che privati.

Nomina responsabile (esterno). Ovvero i  soggetti esterni all’azienda ma che trattano i dati dei clienti o dei lavoratori (ad esempio consulente busta paga oppure gli agenti).

Nomina responsabile (interno). Figura scomparsa secondo il nuvo codice prviacy ma che tuttavia non è proibita ai infin di coordinamento interno nelle strutture complesse.

Nomina amministratore di sistema. Di solito è la figura IT che cura gli aspetti informatici relativi alle reti interne, questa nomina seppur non prevista dal GDPR  né dal nuovo codice privacy segue l’indicazione del provvedimento  del garante tutt’ora in vigore.

Registro dei trattamenti. Da questo punto di vista come detto in altro articolo presente su questo blog, il discrimine riguardo al dovere di compilare il registro dei trattamenti non è di tipo dimensionale ma legato al tipo di dati e di trattamento effettuati, dal punto di vista delle aziende, senza dilungarsi in discorsi teorici,  sappiano che avendo anche solo un dipendente dovranno dotarsi di un registro dei trattamenti, a tal proposito il garante italiano ha messo a disposizione un modello e delle FAQ per provare ad apporntarlo.

Informativa privacy lavoratori GDPR.

Un altro step molto importante da porre in essere è l’aggiornamento dell’informativa avendo particolare riguardo a darla nel momento giusto durante la fase di selezione, alla conservazione dei dati, sia dei non selezionati che dei soggetti in uscita dall’azienda, eventuale condivisione dati con società controllanti ed eventuale strumenti di sicurezza che possano configurare ipotesi di monitoraggio.

Adozione protocolli in materia:

di uso device e posta aziendale

Ovvero scrivere delle istruzioni di uso interno dove i dipendenti devono essere avvisati circa i limiti e doveri di diligenza sia nell’usare i dispositivi aziendali che maneggiare informazioni aziendali con i propri dispositivi. Molta attenzione va dedicata al discorso della e-mail aziendale, uno dei punti più delicati nella fase di chiusura del rapporto di lavoro.

conservazione dati

Anche qui opportuno redigere delle regole interne con le quali individuare le tempistiche nonché i criteri e le modalità di conservazione dei dati oltre che prevedere le modalità di cancellazione dei dati

esercizio diritti da parte interessati

Risulta opportuno altresì adottare un protocollo che detti le regole nel caso in cui un interessato, sia lavoratore che cliente, intenda esercitare uno dei diritti previsti dagli artt. 15-22 del GDPR.

data breach

Altro protocollo da adottare è quello relativo alla gestione dei data breach che si ricorda essere non solo il caso dell’hacker di turno che ruba o cripta i dati ma qualunque perdita di dati anche accidentale (ad esempio lo smarrimento di un pc aziendale portatile senza password)

Misure di sicurezza (adeguate)

Opportuno altresì redigere una documentazione relativa alle misure di sicurezza adeguate, in tal caso qualora questo aspetto (ad esempio a livello informatico) sia demandato ad altri è necessario farsi inviare documentazione attestante le misure adottate.

DPIA (Data Protection Impact Assessment)

Questa valutazione al momento è dovuta solo nel caso in cui I ricorra una tecnologia che possa sfociare nel controllo dell’attività lavorativa, tuttavia il garante ha già presentato nell’ambito delle proprie competenze al board dei garanti europei la proposta di inserire il trattamento dei dati dei lavoratori nella lista dei trattamenti soggetti a DPIA.

Videosorveglianza

Al momento rimane ancora  in vigore il vecchio provvedimento del garante emanato sotto la vigenza del vecchio codice privacy, quindi obbligo informativa, concertazione con sindacati o con direzione provinciale lavoro, uso finalizzato a sicurezza persone e stabilimento-produzione e non a controllo lavoratori, tuttavia oggi va applicato compatibilmente con i nuovi precetti inseriti nel GDPR.

Formazione.

Secondo il GDPR il titolare del trattamento dati ha l’obbligo di formare i propri dipendenti sull’uso dei dati.

Come si vede da questo breve articolo gli adempimenti da porre in essere sono diversi e di non facile esecuzione, tuttavia con il corretto affiancamento da parte di un professionista ferrato in materia possano essere tutti rispettati.

Per consulenze sul tema potete contattare l’autore del post all’indirizzo salvatore.familiari@data protection4eu.eu oppure agli altri recapiti indicati alla pagina contatti.

GDPR – Il registro dei trattamenti

GDPR – IL REGISTRO DEI TRATTAMENTI
Il registro dei trattamenti istituto con il nuovo regolamento privacy ex art 30 GDPR è una delle più grandi novità previste dal testo della norma.
A tal proposito sono molte le domande e i dubbi delle imprese e degli enti riguardo alla sua redazione in maniera conforme al GDPR.

Cominciamo con il sottolineare che esistono due tipi di registro per il GDPR, quello del titolare del trattamento e quello del responsabile del trattamento, mentre con riferimento al soggetto obbligato alla sua tenuta l’ultimo paragrafo dell’art. 30 GDPR stabilisce che gli obblighi di cui ai primi due paragrafi (cioè obbligo alla tenuta del registro rispettivamente da parte del titolare e del responsabile), non si applicano alle imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti.
Tuttavia, in seguito tale norma pone le seguenti eccezioni, ovvero che il registro è obbligatorio a meno che il trattamento:

i. possa presentare un rischio per i diritti e le libertà dell’interessato,
ii. non sia occasionale o
iii. includa il trattamento di categorie particolari di dati di cui all’articolo 9, paragrafo 1, o
iv. i dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10.

Detto in altre parole basta avere un dipendente che l’obbligo di tenuta di tenuto del registro dei trattamenti ricompare, difatti è sufficiente la presenza ad esempio dei certificati di malattia o infortuni per riconfigurare l’obbligo.
Quanto al soggetto tenuto a gestirlo sia il titolare che il responsabile qualora abbiano provveduto alla sua nomina possono affidare la gestione al DPO.
Quanto alla sua conformazione è un documento con un contenuto minimo indicato dal regolamento (art.30), tuttavia nulla impedisce, anzi è consigliato, provvedere ad arricchirlo con altre informazioni.
Ciò perché l’istituzione di un registro ben fatto può costituire non solo la dimostrazione di quell’accountability richiesta dal GDPR, ma costituisce un’ottima base per procedere alla redazione del documento di valutazione d’impatto sul trattamento dei dati (DPIA).
Difatti, qualora il registro venisse arricchito con tutte le informazioni relative ai trattamenti dati effettuati, procedere con la loro analisi ai fini della valutazione del rischio, risulterebbe molto più agevole.
Fatte le dovute considerazioni di carattere generale, vediamo il contenuto minimo che il registro del titolare (o quello de rappresentante ove applicabile) deve avere:
a)il nome e i dati di contatto del titolare del trattamento e, ove applicabile, del contitolare del trattamento, del rappresentante del titolare del trattamento e del responsabile della protezione dei dati;
b) le finalità del trattamento;
c) una descrizione delle categorie di interessati e delle categorie di dati personali;
d) le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati, compresi i destinatari di paesi terzi od organizzazioni internazionali;
e) ove applicabile, i trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale, compresa l’identificazione del paese terzo o dell’organizzazione internazionale e, per i trasferimenti di cui al secondo comma dell’articolo 49, la documentazione delle garanzie adeguate;
f) ove possibile, i termini ultimi previsti per la cancellazione delle diverse categorie di dati;
g) ove possibile, una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative di cui all’articolo 32, paragrafo 1.
Mentre il contenuto minimo del registro del responsabile (o quello de rappresentante ove applicabile) deve prevedere:
a) il nome e i dati di contatto del responsabile o dei responsabili del trattamento, di ogni titolare del trattamento per conto del quale agisce il responsabile del trattamento, del rappresentante del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento e, ove applicabile, del responsabile della protezione dei dati;
b) le categorie dei trattamenti effettuati per conto di ogni titolare del trattamento;
c) ove applicabile, i trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale, compresa l’identificazione del paese terzo o dell’organizzazione internazionale e, per i trasferimenti di cui al secondo comma dell’articolo 49, la documentazione delle garanzie adeguate;
d) ove possibile, una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative di cui all’articolo 32, paragrafo 1.

Quanto agli strumenti da usare, oltre ai software più o meno validi presenti sul mercato, esistono delle utilità gratuite messe a disposizione da autorità garanti straniere oppure da varie associazioni.
A questo proposito si riporta come l’autorità belga abbia provveduto a pubblicare un modello che si sostanzia in un foglio Excel in cui incasellare, secondo i criteri di classificazione ritenuti più opportuni al caso dal titolare, i contenuti minimi obbligatori richiesti dalla norma.
Altra precisazione doverosa, il registro come detto è il primo strumento dì accountability, pertanto, in caso d’ispezione da parte dell’autorità competente (ad esempio in seguito a una segnalazione), sarà il primo documento che chiederà di visionare.
Sempre rimanendo nel campo dell’accountability si ritiene che questa non vada considerata solo come principio imposto dal legislatore europeo foriero di nuovi adempimenti e responsabilità ma possa essere, ribaltandone l’accezione negativa che certi soggetti al momento gli stanno attribuendo (l’ennesimo adempimento burocratico!) un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti se sapientemente comunicato.
Salvatore Familiari